Gli scienziati che si occupano di ricerca medica hanno scoperto che il Dna di ognuno di noi influisce sul modo in cui l’organismo risponde ai medicinali e questo apre la strada a una medicina personalizzata, in cui le cure per la stessa patologia saranno diverse da paziente a paziente. Questo perché non esistono al mondo due persone con lo stesso patrimonio genetico. Richard Davidson, una delle menti più brillanti nel campo delle neuroscienze, riporta l’esempio della warfarina (un anticoagulante): la dose che un paziente può assumere senza correre rischi per prevenire la formazione di trombi dipende dalla velocità con cui i geni del paziente metabolizzano il farmaco. Non è affatto diverso quando ci rivolgiamo alla sfera emotiva e parliamo di reazioni alla vita: oltre al DNA, che influisce sui nostri tratti emozionali, dobbiamo tener conto dei pattern cerebrali, ossia delle strutture cerebrali che sono diverse in ognuno di noi. E’ sorprendente vedere sugli scaffali delle librerie un’enorme varietà di libri di auto-aiuto e psicologia spicciola, dove si spiega, in maniera molto semplicistica, che il modo di reagire delle persone davanti agli eventi sia piuttosto prevedibile (ad esempio, l’elaborazione di un lutto, un fallimento professionale o un lieto evento producono, secondo loro, degli effetti molto simili in ognuno di noi). Gli “esperti” del caso ci propongono, di conseguenza, vari suggerimenti per ritrovare un equilibrio emotivo o superare ansia o stress. Ma Richard Davidson, con oltre trent’anni di ricerca nel campo delle neuroscienze affettive alle spalle, mette in evidenza come le soluzioni valide per tutti siano completamente prive di fondamenta. Anzi, la sua ricerca iniziò proprio da questa domanda fondamentale: perché ognuno reagisce in maniera diversa agli eventi della vita? E perché ognuno mette in atto diverse strategie di adattamento, che differiscono per genere, intensità e durata? E’ emerso che ognuno di noi possiede un proprio “Stile Emozionale” (un modo coerente di rispondere alle esperienze della vita). Uno stile è governato da circuiti cerebrali specifici e identificabili e può essere misurato utilizzando metodi di laboratorio oggettivi. Davidson mise in luce sei dimensioni di stile emozionale. Ma in che modo il cervello determina questi stili? Inoltre, gli stessi, sono immutabili o possono essere modificati, cambiando così il nostro modo di reagire alle vicissitudini della vita? E ancora, questo può produrre dei cambiamenti misurabili nel cervello? La risposta è sì. Non è stata un’illuminazione improvvisa e nemmeno una decisione arbitraria basata sul fatto che il sei è un bel numero e ha un significato importante nella numerologia, è piuttosto il risultato di studi sistemici sulle basi neurali delle emozioni. Ci sono voluti trent’anni di studi…e questo dovrebbe farci riflettere sulle soluzioni facili stile Harry Potter.
surya