Oggi parliamo di Santosha, il secondo Niyama di Patanjali
La capacità di accontentarsi non è apatia, non è essere indolenti e cadere nel torpore, è piuttosto il saper sviluppare la capacità di stare bene con ciò che si ha, anziché desiderare continuamente ciò che non si ha e vivere in uno stato di costante frustrazione. La capacità di accontentarsi, intesa in questo senso, rende la mente quieta e serena. La contentezza si esprime con una sottile sensazione di soddisfazione e di completamento, di pienezza, è uno stato che ci accompagna in ogni momento nella nostra vita quotidiana, è qualcosa che si sviluppa interiormente e, quindi, non si basa sulla conquista di oggetti o situazioni che, si sa, sfuggono in continuazione. Al contrario, è proprio in uno stato di completezza che tutto può manifestarsi, una mente quieta e serena è una mente creatrice. Santosha non è lo stato di colui che non lotta, è lo stato di colui che sa essere in pace comunque vadano le cose, è l’arte di combattere senza combattere. Anche sul tappetino, quando pratichiamo, santosha è importante, poiché ci porta ad un ascolto profondo del corpo e della mente e non ci sottoponiamo ad inutili e controproducenti tensioni che, oltre a farci male, ci procurano stress. E’ una qualità che ci richiede di indagare i nostri valori più profondi e di vivere secondo le nostre capacità e i nostri mezzi. La vera contentezza, dunque, non è pigrizia, anzi, quando siamo profondamente coinvolti nella pratica di santosa, ci impegniamo fortemente perché questo stesso impegno ci fa provare soddisfazione per ciò che stiamo facendo e svolgiamo diligentemente i nostri impegni.
surya