Vivere una dipendenza significa perpetuare nel tempo dei comportamenti finalizzati alla ricerca del proprio piacere. Esistono diverse forme di dipendenza: alcune più facili da individuare, quali dipendenza da cibo, fumo, alcolismo, internet e così via; altre più sottili: la dipendenza dall’opinione altrui, o da qualcuno in particolare, la dipendenza psicologica da una propria convinzione o attitudine, e altro ancora.
Dietro ad ognuna di esse si nasconde un disagio che abbiamo timore a smascherare. Per esempio, se ho un disagio in famiglia ed ho paura ad affrontarlo, mi butto sul gioco, sul lavoro e, oggi, sulle chat. Dobbiamo prenderne atto: se andiamo ad un ballo in maschera sappiamo che, prima o poi, il vero volto ci verrà rivelato senza troppi scombussolamenti…ma quando si tratta delle nostre ombre facciamo molta più fatica a comprenderne il gioco sottile… è interessante osservare come la dipendenza nasce e si sviluppa da un diniego.
Un uomo, una donna, la società, la vita stessa, ci “rifiuta” qualcosa e noi rifiutiamo il rifiuto stesso. Tu mi neghi qualcosa e io mi affermo attraverso un palliativo. Quanto ci costa chiudere gli occhi…lo paghiamo con l’ansia, la depressione o, bene che ci vada, con un disagio continuo.
Un’altra cosa che mi fa riflettere è come l’uomo cerchi, da sempre e continuamente, un equilibrio. Se analizziamo, per esempio, la dipendenza affettiva, vediamo che “l’altro” viene vissuto come unica condizione necessaria per la propria felicità. Da qui nascono una serie di meccanismi perversi. Prendiamo in esame la relazione vittima -carnefice: a livello inconscio si va alla ricerca di un equilibrio, si cerca di bilanciare la parte mancante, di riempire il proprio bisogno. Quello che ne deriva è un equilibrio patologico, certo, ma ciò che ci interessa è che la ricerca dell’uomo si volge comunque in quella direzione: vuole una stabilità, una simmetria che lo porti a placare le sue inquietudini. Amo molto la descrizione che ne fa Lacan, psicanalista francese. Egli dice: “In una relazione patologica, ognuno è il sintomo dell’altro”
E se, dopo aver osservato e preso coscienza di tutto questo, non ce la facciamo ad uscirne da soli? Chiediamo aiuto… si dice spesso: “Ho sempre fatto tutto da solo”, “non ho bisogno di nessuno”, oppure: “io non chiedo, se qualcuno mi vuole aiutare lo farà… non sappiamo vedere il caos che c’è nella nostra vita ma pretendiamo che un altro lo veda al posto nostro.