C’è una tribù, in Malaysia, il cui popolo non conosce parole quali guerra, lotta, crimine o punizione. Gli appartenenti a questo gruppo credono che il modo giusto di vivere sia quello insegnato da uno spirito della foresta, che esisteva prima degli uomini. Egli diede loro la regola più importante, che sostiene che il cibo deve essere sempre condiviso. Mangiare da soli è considerato pericoloso e sbagliato. Solo prendendosi cura di tutta la popolazione in uno spirito di equità e condivisione il gruppo può sperare di sopravvivere. Loro credono che la violazione del loro codice morale – non condividere il cibo, mostrarsi irritati davanti alla sfortuna, manifestare aspettativa per il piacere o nutrire desideri inappagati – avrà ripercussioni soprannaturali, quali malattie o aggressioni fisiche o psichiche. Al di là del soprannaturale e di ogni tipo di credenza, sapere che in un angolo remoto del mondo esista come espressione naturale della vita la condivisione fa bene al cuore. Lo spirito yogico risiede in loro da sempre, quello spirito che noi dobbiamo imparare ma che è così lontano, non solo dal nostro vivere quotidiano, ma anche dalla nostra immaginazione. Mi chiedo se in un contesto sociale come quello in cui attualmente viviamo l’essere umano possa sviluppare anche solo una piccola parte di questa filosofia, prima che la lotta e la competitività, ma, soprattutto, prima che l’indifferenza oscuri anche l’ultima briciola di umanità.
surya