Ganesha ha una testa d’elefante su un corpo umano, una pancia morbidamente grassa, accetta volentieri cibo e fiori dai suoi devoti e come cavalcatura – lui che piccolo non è – utilizza un topolino, spesso ritratto ai suoi piedi. Si può ben dire che come divinità Ganesh è piuttosto singolare. Eppure in India è uno degli Dei più amati e venerati, a cui sono dedicati templi e grandi feste di massa. La sua immagine ormai ci è famigliare anche in Occidente: la ritroviamo spesso nei quadretti appesi nei centri di meditazione e di yoga. Quello che non sappiamo è che dietro quell’immagine placida si cela una foresta di simboli, di miti e di significati psicologici, compreso un legame speciale con le donne.
Il dio dalla testa di elefante è venerato dagli induisti per una ragione particolare: nei testi sacri indù è considerato colui che rimuove gli ostacoli. Quando una persona deve gettarsi in una nuova impresa, dare avvio a qualcosa di importante, per esempio: la costruzione della propria casa, l’inizio di un amore, un lungo viaggio, l’assunzione in un posto di lavoro… è a Ganesh che chiede protezione e aiuto per superare le difficoltà sul proprio cammino. Secondo gli antropologi questa credenza deriva da un culto dell’elefante diffuso nelle campagne indiane sin da tempi antichissimi. Infatti l’elefante è dotato di una forza straordinaria: è capace per esempio di spostare con la proboscide un pesante tronco d’albero caduto sulla strada. Proprio come l’elefante noi dovremmo imparare ad andare dove vogliamo rimuovendo gli ostacoli davanti a noi.
Per gli indù l’elefante è simbolo anche di autorità e di saggezza. Non a caso i sovrani e i guru del passato si presentavano davanti ai sudditi o ai fedeli in groppa a questo bellissimo animale. Il suo legame con le donne può essere raccontato attraverso un mito:
La dea Parvati desiderava un figlio ma il suo compagno, il dio Shiva, non voleva saperne. Parvati decise allora di generarlo da sola: il bambino nacque da una grande risata della dea o – secondo un’altra versione del mito – dal sudore della sua pelle. Il figlio di Parvati (nato d’aspetto umano) era molto forte, perciò la dea gli diede un ordine: tu proteggerai le mie stanze private e impedirai a chiunque di entrare mentre io faccio il bagno. Purtroppo però arrivò Shiva, ignaro di tutto, e cercò di entrare nelle stanze della moglie. Il ragazzo, obbedendo alla madre, gli sbarrò la strada e Shiva, furibondo, gli tagliò la testa di netto.
Indignata, la Dea pretese che Shiva mandasse sulla Terra tutti gli esseri celesti (i gana) a recuperare una testa da riattaccare al corpo di suo figlio per riportarlo in vita. I gana tornarono portando una testa di elefante: perciò da allora il figlio di Parvati ha quell’aspetto e viene chiamato Ganesh o Ganapati che significa “Signore degli esseri celesti”.
Cosa ci vuole dire questo mito? Che Ganesh è il protettore delle “stanze private” di sua madre: nato dalla libera scelta di una donna (Parvati genera il figlio da sola) Ganesh simboleggia la difesa dell’intimità e della libertà della Dea (cioè delle donne) di fronte all’intrusione di Shiva (cioè degli uomini). Vale a dire: non si può violare la dimensione privata di una donna contro la sua volontà. Perciò Ganesh e il “protettore” caro alle induiste, che a volte lo pregano in modi davvero sorprendenti per noi occidentali. Un esempio: quando non hanno a disposizione una qualunque immagine del dio le donne lo “materializzano” facendo una piccola piramide di semi di curcuma (una spezia usata nella cucina indiana) e invocano la sua presenza sotto quella forma. Perché proprio la curcuma? E’ uno dei segreti del culto di Ganesh che nessuno ha ancora saputo spiegare.
Sappiamo invece che nell’arte indiana sono ben 32 le forme canoniche in cui viene rappresentato Ganesh, per esempio:
- come Signore della meditazione seduto in posizione yoga
- come Signore dell’Universo mentre, danzando, crea la materia dal nulla
- come Signore della scrittura mentre scrive un grande poema dell’India, il Mahabharata,utilizzando come penna una delle proprie zanne intinte nell’inchiostro.
Impariamo a cavalcare il nostro topolino interiore
Il popolare dio indù dalla testa di elefante, Ganesh, viene spesso rappresentato con un topolino ai suoi piedi. Talvolta il dio-elefante è addirittura “a cavallo” del topolino. Cosa significa questa immagine? Il topo – piccolo ma capace di fare danni – simboleggia il nostro ego: la nostra vanità, i desideri e i sentimenti più meschini che rodono il nostro animo. Come Ganesh, però, noi dobbiamo imparare a “cavalcare” il nostro ego: a tenere le redini delle nostre emozioni, a governarle, anziché farci dominare da esse. Talvolta il topolino viene raffigurato con dei dolcetti fra le zampe: è il nostro ego che cerca di sedurci. Ma Ganesh lo controlla, come noi dobbiamo controllare la mente e i desideri, cioè cavalcare il nostro “topolino interiore”
Come interpretare la simbologia di Ganesh
❤ La testa d’elefante: rappresenta l’intelletto mentre la proboscide è simbolo dell’abilità di saper distinguere le cose. È anche usate per compiti grandi e piccoli.
❤ Tridente sulla fronte: il passato, il presente e il futuro. Rapprasenta il padre di Ganesh, Shiva.
❤ La corda: serve per portare i devoti a livelli più alti.
❤ Fior di loto: simboleggia i traguardi più alti per l’uomo, senza però scendere a compromessi.
❤ I dolci: sono l’auto-realizzazione, i piaceri della vita.
❤ La pancia: una pancia grande può digerire il bene e il male in modo uguale nella vita.
❤ Postura delle gambe: una gamba è ancorata a terra, l’altra è in paradiso. Simboleggia l’importanza della collaborazione tra il mondo terreno è quello spirituale.
❤ Il topo: è il tramite con cui Ganesh mastica tutti i problemi. Si pensa anche che rappresenti il desiderio e il controllo su di esso, o anche il raggiungimento degli obbiettivi tramite l’imperfezione.
❤ Il libro: Ganesh è lo scribo del Mahabharata. Simboleggia la conoscenza, l’apprendimento e la letteratura.
❤ La zanna spezzata: indica principalmente la capacità di superare o “spezzare” la dualità – tenere il bene e gettare il male.
❤ Il serpente: è il controllo su tutte le cose che ci creano disagio.
❤ Il palmo aperto: è un gesto di benedizione.
❤ L’ascia: può essere usata per farsi largo tra gli ostacoli e per recidere i legami.