Insegno Yoga e mi sono sempre chiesta perché in diverse scuole di formazione sia stato introdotto lo studio della “medicina” ayurvedica, a cui viene dedicato molto tempo e a cui vengono attribuite, ahimè, proprietà curative. Premetto che non sono contro l’ayurveda, poiché ha una sua bella filosofia e, se ne conosciamo lo scopo e le origini, può essere un arricchimento culturale. Noi, però, insegniamo yoga. Nel frattempo, dall’esterno, mi vengono spesso rivolte domande al riguardo: “perché nella tua scuola non si fanno giornate intere dedicate a questo studio?” Cerco di rispondere qui in maniera un po’ più approfondita, per quanto i social mi impongono, ovviamente, molti limiti. Perché, dunque, molte scuole lo fanno? Insegnando, tra l’altro, l’ayurveda come metodo curativo? Forse per aggiungere un anno al percorso di formazione così da far salire il Monte Ore. Forse, semplicemente, per pura ignoranza, dal momento che noi, essendo molto attratti da ciò che è esotico e viene definito in maniera affascinante “cultura millenaria”, non andiamo ad approfondire e prendiamo per vero ciò che è spesso solo superstizione. Ho fatto 15 viaggi in India, non per turismo ma per volontariato. Ho visto gente morire per mancanza di cure, ho accompagnato in ospedale persone che necessitavano di interventi chirurgici ma che si affidavano alle pillole ayurvediche perché non avevano i soldi per affrontare l’intervento (loro non hanno un’assistenza sanitaria, quindi dovremmo ringraziare ogni giorno per ciò che invece abbiamo noi). L’Ayurveda, però, affonda le sue radici nell’antichità, perciò è appetibile per molti occidentali, ammaliati più che mai dalle magie d’oriente. Ma sappiamo che cosa significa “affonda le sue radici nell’antichità?” Significa che è nata prima della scienza moderna in alcune località geografiche, e da radici puramente mistico-filosofiche. L’ayurveda sostiene che la malattia deriva da uno sbilanciamento tra fluidi o energie vitali chiamate dosha. Abbastanza semplicistico, non vi pare? Nasce in un’epoca in cui non si conoscono i batteri e non si hanno strumenti diagnostici, quindi, l’origine di tutti i mali è da ricercare negli “squilibri energetici” (che non vuol dire nulla) e nelle forze sovrannaturali. I trattamenti prevedono, tra l’altro, anche l’ingestione di preparati di varia origine e questo non è esattamente innocuo. Ora, ripeto, non sono contro la filosofia ayurvedica, tutt’altro, essa esalta il ruolo dell’esercizio fisico, dell’alimentazione e del sonno, la cui importanza è nota anche alla medicina allopatica; sono contraria, piuttosto, all’uso che se ne fa e al volerla introdurre ovunque solo perché indiana. I medici auyrvedici che trovate nelle varie cliniche indiane non sono medici, attenzione! Sono guaritori che, non avendo altro, hanno giustamente cercato nelle erbe e in Dio la soluzione ai loro problemi. Dobbiamo sapere che la filosofia ayurvedica, da noi considerata quasi un “capriccio” un po’ stravagante, in India è utilizzata dalla classe più povera, spesso praticata da guaritori improvvisati perché i farmaci che per noi sono scontati sono troppo costosi per molte persone. Vale la pena prendersi un attimo di riflessione. Perché, quindi, è stata associata allo yoga? Perché è nata in India come lo Yoga e quindi si fa un calderone dove ci si mette di tutto un po’, senza un minimo di discernimento. Ogni pratica ha la propria filosofia, lo Yoga si occupa già ampiamente della cura di corpo e mente e ha già una sua filosofia, che non prevede l’utilizzo di prodotti, specialmente ad uso interno. Non improvvisiamoci medici, insomma, nel nostro campo non si cura nulla, casomai ci si prende amorevolmente cura di noi cercando di mantenere in buona salute il corpo e la mente e dando la necessaria attenzione alle emozioni del cuore. Ecco perché ho scelto di divulgare un’informazione sana, dove parlo sì anche di ayurveda (quel poco che basta) ma solo come aspetto culturale dell’India, terra dove affonda le sue radici anche lo yoga. Per il resto, dello yoga m’interessa insegnare la meravigliosa filosofia, gli effetti reali e non reali della meditazione, con tanto di studi e ricerche effettuate, mi interessa insegnare l’anatomia legata a questa disciplina (inutile trascorrere ore ed ore a parlare di cellula e citoplasma, non formo medici o infermieri) e così via. L’etica, innanzitutto. Dopodiché, possiamo abbracciare tutto ciò che vogliamo, l’importante è sapere cosa stiamo abbracciando. D’altronde, lo yoga non dovrebbe essere un percorso di consapevolezza? Se i presupposti sono quelli sopra citati, parliamo di involuzione e non di evoluzione. Spero, con questo, di avere fatto un po’ di chiarezza sui vostri dubbi e di aver spiegato in maniera sufficientemente esaustiva il perché di questa scelta. Ad ognuno il proprio mestiere, insomma. La Pratica Yogica, sorretta da una bellissima e profonda filosofia di vita, merita di essere studiata con attenzione e amore; saltare da un argomento all’altro con superficialità non è l’obiettivo di questo percorso.
Surya
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