Fra le tante tecniche di meditazione che l’oriente ci ha regalato c’è la ripetizione del mantra. La parola Mantra deriva da Manas (mente) e Tri (proteggere) o tryate (attraversare). Il mantra è dunque la parola che ci salva mentre la pronunciamo o, ancora, il ponte che ci aiuta ad attraversare il mare agitato della mente. Nulla di magico, è solo che una sillaba ripetuta aiuta a pacificare e svuotare la mente facendoci sentire più leggeri e calmi, poiché portare l’attenzione su un punto solo permette di ritrarre i sensi all’interno (pratyahara) e di allontanare tutti gli altri pensieri. Il suono, inoltre, è riconosciuto per il suo potere terapeutico. Fin dai tempi più remoti la musica è sempre stata un mezzo molto potente per il risveglio della Coscienza Spirituale, per non parlare del suo valore nel liberare le tensioni emozionali ed indurre uno stato di profonda tranquillità e rilassamento. Le vibrazioni possono modificare il nostro stato e risvegliare aree sconosciute della mente. Esse ci aiutano a rimanere al centro riequilibrando i due emisferi cerebrali, come tutte le pratiche meditative. L’eccesso di razionalità ci porta a tenere tutto sotto controllo, così come l’eccesso di quella parte emozionale legata alla poesia e alla contemplazione ci può portare a perdere le nostre radici. Vivere nella mente o nel cuore a seconda di ciò che il momento richiede, questo è equilibrio. Si pensa spesso che l’equilibrio sia rimanere immobili in un punto ben preciso ma l’equilibrio è muoversi con armonia tra un opposto e l’altro. Siamo governati dalla parte oscura che ci fa paura e a volte, per evitare il senso di vuoto, ci attacchiamo a vari punti di riferimento (amici, famiglia, lavoro, oggetti ecc.). Abbiamo sempre attribuito al vuoto una valenza negativa (vita vuota, vuoto incolmabile, sentirsi vuoti ecc.) ma il vuoto non è assenza di qualcosa. Nel vuoto c’è tutta l’esistenza. Nel vuoto ci sono i suoni, c’è il respiro, c’è la vita. Ecco che allora il canto o la ripetizione di un mantra, se è in sintonia con il nostro essere, riesce a risvegliare in noi quella pace e quella bellezza che cerchiamo. La tradizione induista vuole che il Mantra sia ripetuto per 108 volte (tradizione che si rispetta durante le cerimonie, ma non necessaria per sperimentarne gli effetti). Il 108 viene ritenuto un numero sacro: 8+1=9. Il 9 rappresenta l’eternità perché perpetua se stesso (9×2=18 / 8+1 =9; 9×3=27 / 7+2=9; 9×4=36 /6+3=9 e così via.) Moltiplicando, il risultato è sempre 9). Al contrario, il numero 8 viene considerato il numero dell’illusione perché, moltiplicandolo, torna sempre indietro di uno (8×2=16 / 6+2=8; 8×3=24 / 4+2=6; 8×4=32 / 3+2=5 e così via). Lo zero rappresenta il vuoto (sunyata), lo stato da raggiungere se ci si vuole liberare dal Samsara, ovvero dal ciclo nascita-vita-morte-rinascita. Per la recitazione dei 108 mantra si usa il Japamala (Japa=ripetizione, Mala=ghirlanda di fiori o rosario). Il japamala può essere fatto di cristalli, pietre o semi. Il più utilizzato, anche per la sua simbologia, è quello fatto di rudraksha, che è il seme di una pianta (dal sanscrito Rudra, ossia Shiva, e aksha, occhi). I semi di Rudraksha vengono anche chiamati, infatti, lacrime di Shiva. Il Mantra si emette in fase di espirazione (Rechaka) e questo permette di allungare, appunto, la fase espiratoria distendendo così i muscoli e rilassando il diaframma. Provate, in fase di espirazione, ad emettere solamente il suono mmmmmmmmmm con le labbra socchiuse (emettendo il suono dovete sentire le labbra vibrare, quindi non devono essere serrate.) Fatelo anche solo per un paio di minuti ad occhi chiusi in un ambiente rilassante, spegnendo cellulari e cercando di isolarvi dai rumori esterni e vedete come vi sentite. Piano piano, il suono vibrerà fra le sopracciglia, in quel punto che noi, comunemente, chiamiamo terzo occhio. Ultimo punto, non meno importante, è che il suono, la musicalità, le vibrazioni danno gioia ed espandono il cuore. Canta che ti passa, si dice. Non è necessario conoscere il significato completo di un Mantra, tuttavia, se ne conosciamo il senso, sviluppiamo sicuramente una maggiore consapevolezza. Se, per esempio, abbiamo bisogno di sviluppare forza, determinazione e coraggio in un momento di transizione della nostra vita, possiamo meditare con il Mantra di Shiva, che rappresenta, appunto, la forza della trasformazione. E’ un modo come un altro per riflettere sulla nostra vita e focalizzarci sulle qualità da sviluppare, usando però un metodo gioioso che parte dal suono esteriore per arrivare, piano piano, al suono più bello e sottile che è il suono del silenzio.