La solitudine è l’incapacità di comunicare le nostre profondità, dalle cose che sono importanti per noi, alle cose che riteniamo inaccettabili a livello sociale. E’ quella sensazione che ci frammenta perché non siamo capaci di tenere compagnia a quel qualcuno o qualcosa che vive in noi. E’ essere nel mondo ma sentirsene separati. Ci si butta nella mischia per solitudine, così come ci si ritira dal mondo per solitudine. Ci si abbandona da soli per non essere abbandonati da altri. Come si risolve? mi chiedono. Io credo che l’inganno stia proprio in questa domanda: cercare di risolverla, di superarla. La solitudine è nostra compagna da quando nasciamo, o forse prima. L’ovulo, nel momento della fecondazione, è solo. L’embrione, che prenderà il nome di feto, è solo nell’oceano del ventre materno. E’ antica come il mondo, la solitudine, e crescendo si rievoca continuamente quello stato originario. La solitudine è un tempo relazionale, dove per relazione si intende l’accoglienza di un vuoto che non è assenza bensì forza creatrice. Si è disposti a tutto, pur di eluderla, persino a dichiararsi guerra. Tutto questo per non vedere il grande vuoto finale, dove si esce di scena e la vita continua, indifferente, la sua performance in questo mondo. Com’è difficile vivere la condizione umana! Non si risolve, la solitudine. La si vive. La si guarda. E se siamo disposti a guardarla scopriamo che può essere feconda.
Grazie a tutti per avermi accompagnata in questo viaggio dentro le emozioni. A presto
surya