La parola sanscrita Nirvāṇa significa letteralmente “che spegne” o “che si estingue”, come lo spegnersi di un fuoco, o l’estinguersi della fiamma di una candela. Significa pure “che si calma”, o “che diventa freddo”, con riferimento alla vita dei sensi. E gli Occidentali che hanno compreso solamente gli aspetti esoterici del suo significato, sono incorsi nell’erronea opinione, ormai così diffusa, che Nirvāṇa, il Summum Bonum del Buddhismo, sia sinonimo di totale annichilimento dell’essere.
Correttamente inteso, Nirvāṇa sta a significare lo “spegnersi” o raffreddarsi” delle Tre fiamme del Desiderio, che sono la Lussuria, la Malizia e le Stupidità. Una volta estinte queste, o “diventate fredde”, o, esotericamente parlando, siano state trasmutate in Purezza, Buona Volontà e Saggezza, debellando pertanto l’Ignoranza (Avidyā in Sanscrito), allora appare la perfetta conoscenza della Buddhità, del proprio stato interiore.
Diversamente dal Paradiso Semitico, il Nirvāṇa non è una dimora finale di Anime immortali; né tantomeno esso è una condizione di finalità spirituale, o assolutezza. È uno stato di Perfetta Conoscenza raggiungibile non solo dopo la morte, ma qui sulla Terra.