Sri Ma Anandamayi nasce il 30 aprile 1896 a Kheora (Bangladesh). Ananadamay Ma significa Madre Permeata di Gioia. La sua è una famiglia di bramini molto pia e prestigiosa, anche se povera. Le viene dato il nome di Nirmala Sundari Devi, che significa “bellezza immacolata”. Nirmala Sundari non ebbe alcun maestro ed inizia a manifestare già da giovanissima la sua particolare natura e le sue attitudini: è solita recitare mantra in sanscrito e praticare complicate asana yogiche per ore intere (pratica che nessuno le ha mai insegnato) cadendo spesso in stati di trance, cosa che contribuisce a diffonderne molto presto la fama.
All’età di tredici anni viene data in sposa al bramino Sri Ramani Mohan Chakravarty, che lei chiamerà, e lui diventerà per tutti, Bolanath (uno dei nomi di Shiva). La convivenza effettiva inizia nel 1914, ma il matrimonio non viene mai consumato fisicamente e Bolanath non soltanto accetta la scelta di castità della moglie, ma ne diviene il primo discepolo.
Nel 1936 avviene l’incontro con Paramahansa Yogananda, che la ricorderà in “Autobiografia di uno Yogi”:
Il 1937 ed il 1938 furono rispettivamente gli anni della morte del fratello e del marito, tuttavia i viaggi proseguirono per tutta l’India assieme ad altri discepoli.
Nel 1942 incontra il Mahatma Gandhi, il cui stretto collaboratore, Sri Jamnalal Bajaj, diviene un fedele .
Ma lasciamo spazio alle sue parole con cui descrisse l’Hatha Yoga l’importanza della meditazione.
Che significa ‘hatha’? Fare qualcosa con forza. ‘Essere’ è una cosa e ‘fare’ è un’altra cosa. Quando c’è ‘essere’, c’è la manifestazione del prana in un determinato centro del corpo. D’altra parte, se si pratica l’hatha yoga come un semplice esercizio fisico, la mente non sarà minimamente trasformata. Con l’esercizio fisico si sviluppa la buona salute del corpo. Si sente spesso parlare di casi in cui l’abbandono della pratica delle posizioni yoga e simili causa disordini fisici. Il corpo s’indebolisce per mancanza del giusto nutrimento, così anche la mente ha bisogno del cibo adatto. Quando la mente riceve il giusto sostentamento, l’uomo avanza verso Dio; ma curando solo il nutrimento del corpo si accresce l’attaccamento al mondo. La mera ginnastica è nutrimento per il corpo. Quando l’abilità fisica che deriva dall’hatha yoga è usata per coadiuvare lo sforzo spirituale, non è sprecata; altrimenti non è yoga, ma bhoga (godimento). Il sentiero per l’Infinito sta nell’essere senza sforzo. Fino a quando l’hatha yoga non mira all’Eterno, non è altro che ginnastica. Se nel corso normale della pratica non s’avverte il Suo contatto, lo yoga è stato infruttuoso. Che pratichiate l’hatha yoga o il raja yoga o qualsiasi altro yoga, può essere dannoso solo se manca la pura aspirazione spirituale. Quando fate asana e cose simili, se avete trovato accesso al ritmo della natura vedrete che ogni cosa procederà in maniera dolce e spontanea. Da quali segni potrete percepirlo? C’è una sensazione di gioco, una gioia profonda, e il ricordo costante dell’Uno. Sentirete che non è il prodotto della pratica delle cose del mondo. In risposta a una domanda rivoltale da una donna che si era recata presso di lei in occasione dei darshana (il momento in cui il Maestro si mostra ai discepoli). «Anche se non ti senti incline a meditare, conquista la tua riluttanza e fai una prova. L’abitudine di innumerevoli vite ti spinge nella direzione opposta e ti rende difficile meditare; persevera malgrado ciò! Con la tua tenacia guadagnerai la forza e sarai plasmata; vai e a dire svilupperai la capacità di fare sadhana. Convinci la tua mente che per quanto arduo, il compito dovrà essere fatto. Il riconoscimento e la fama durano solo per breve tempo, essi non t’accompagneranno quando lascerai questo mondo. Se il tuo pensiero non si volge naturalmente verso l’eterno, fissacelo con uno sforzo di volontà. Qualche severo colpo del destino ti spingerà verso Dio, e questo sarà solo un’espressione della Sua Misericordia. Per quanto doloroso, è con questi colpi che s’impara la propria lezione. L’ostinazione della mente deve essere vinta con risolutezza. Sia che la mente cooperi oppure no, devi essere adamantina nella tua determinazione di compiere senza fallo un certo numero di pratiche – semplicemente perché la sadhana è il vero lavoro dell’uomo.»