L’uomo crede di abitare questa terra e vivere la vita che gli si presenta giorno dopo giorno. In realtà, ciò che accade è che tutti noi viviamo l’interpretazione che ci viene data dalle religioni, dalla filosofia, dalle varie istituzioni. Viviamo di parole che hanno definito il mondo, parole che noi vestiamo come abiti e nelle quali ci identifichiamo facendole diventare una seconda pelle. Viene da chiedersi se la crisi generale che si vive oggi, dai giovani per un motivo e dagli adulti, per altri motivi, sia culturale e non esistenziale. Un conformismo vuoto e voluto, dove, se sei vivace sei iperattivo e hai un deficit da attenzione, se sei triste hai problemi di adattamento e via di seguito. Non si riconoscono più le normali e fisiologiche reazioni alla vita quotidiana perché ormai sono state identificate come sindromi di vario tipo. Pensate che negli anni Settanta, la parola “sindrome” non compariva né sui giornali né nelle aule dei tribunali. Nel 1985 faceva la sua comparsa in 90 articoli, nel ´93 in 1.000 e nel 2003 in 8.000 articoli di riviste e periodici. Qualche domanda dobbiamo porcela se le cose che fino a ieri erano ritenute normalissime, oggi sono diventate sindromi psicologiche. Un velocissimo cambiamento linguistico ben propagato attraverso i media e ci ritroviamo tutti con un’aumentata vulnerabilità e un aumentato bisogno di protezione. Forse si sta diffondendo anche da noi, come in America, un’etica terapeutica per cui è sufficiente essere un po’ stanchi per avere una sindrome di qualche tipo e smuovere medici, psicologi, educatori e così via. Forse è una rivoluzione culturale che ci serve.