E’ necessario introdurre nella nostra vita un’educazione alla corporeità, alla fisicità, ai messaggi non verbali che, ogni giorno, ci parlano di noi. Il corpo è l’espressione visibile delle nostre emozioni, del nostro vissuto, possiamo dire che è la nostra biografia. Esso comunica attraverso tensioni, dolori, gesti, posture e movenze. L’unità psicofisica dell’uomo non passa solo attraverso il pensiero ma anche mediante quel corpo che il pensiero stesso modella. “Pensare con il corpo è quello che fa un bambino quando inala il primo respiro fuori dall’utero materno, quando cerca il seno della madre al primo stimolo della fame, quando esplora con gli occhi o ascolta, quando muove i primi passi, in una scala evolutiva che gli consente di acquisire specifiche funzioni che lui stesso identifica con parti diverse del proprio corpo” (J. Tolia, 2000).
Nella prima fase della sua vita il neonato impara l’abbandono, la fiducia, mentre, nella fase successiva, la verticalità e il movimento, che coinvolge sia gli arti inferiori che gli arti superiori. Sono fasi psicologiche che portano il corpo ad organizzarsi nello spazio in maniera diversa per ognuna di esse. Tutto questo è imprescindibile dal piano psichico, vi è fra corpo e mente, una comunicazione ininterrotta che porta alla crescita di entrambi. C’è, nel corpo, una reminiscenza ancestrale, una conoscenza antica che va letta attentamente poiché vi è scritta la nostra storia e vi si depositano le nostre emozioni. Il ruolo del corpo nella pratica yoga è perciò determinante per la conoscenza di sé. Non, dunque, un corpo visto solo ed esclusivamente come un ammasso di muscoli, ma un vero e proprio strumento evolutivo. Durante la pratica yoga noi non ci limitiamo ad eseguire un movimento, ma rappresentiamo con il corpo un simbolo, sia esso un animale, una divinità o una figura geometrica. In quell’istante abbandoniamo la comunicazione verbale e adottiamo un linguaggio antico, metaforico, che ha il potere di esprimere e rievocare emozioni. Ci sono dei simboli universali che conducono a un sentire collettivo. Ad esempio, quando eseguiamo Tadasana, la posizione della montagna, ci riconnettiamo al senso di solidità, di equilibrio, forza e imperturbabilità. Ecco perché è importante far seguire un’asana dalla parte simbolica e meditativa, di modo da “indossarla” in maniera completa e profonda. Un’asana non va eseguita, un’asana va vissuta. Nutriamo, dunque, quella relazione d’amore tra corpo e mente.