Maestri e discepoli: da una parte abbiamo bisogno della saggezza degli antichi maestri, dall’altra non vogliamo rinunciare alla nostra autonomia. Ma cos’è un discepolo? Abbiamo attribuito a questa parola un significato erroneo, rivestendola di un alone di sudditanza e dipendenza che è molto lontana dall’accezione originaria. Discepolo deriva da “discere”, che significa imparare. Un discepolo, quindi, è colui che impara. Non colui che imita ma colui che impara., con lo scopo ultimo di far emergere la propria creatività, il proprio modo di essere. All’inizio si è sempre e inevitabilmente gregari, ossia parte di un gregge, poi ci si evolve per diventare egregi, che significa “usciti dal gregge (ex-grege). Gli egregi sono coloro che non si basano più sul principio di autorità ma sul principio di autentiìcità (da autos, se stesso, e entos, dentro). Si viene quindi rimandati alla propria interiorità. Il maestro è colui che genera dunque autenticità e libertà anche, e soprattutto, da se stesso, nel senso che non trattiene e non vuole essere trattenuto. Socrate disse: ”io non sono maestro di nessuno”. Lo era, ma sottintendeva la provvisorietà della sua funzione, dalla quale poi ci si doveva sganciare, non fisicamente, ma a livello emotivo. L’autonomia non è, come molti pensano, andare contro qualcosa o qualcuno. L’autonomia non ha bisogno di andare contro, né di fare rumore, poiché quello è solo un modo alternativo di cercare seguaci a sostegno del proprio pensiero. L’autonomia è qualcosa di interiore e si sviluppa all’interno di un gruppo sociale dove la diversità diventa un nuovo elemento di crescita. Il discepolo, essendo colui che impara, diventa adulto, spazia e rimane vigile e presente a se stesso. Ci potranno essere momenti in cui gli sarà utile l’insegnamento di Gesù, mentre, in altri momenti, le parole del Buddha saranno quelle che maggiormente gli serviranno. Egli ascolta tutti i maestri per far emergere, da dentro, l’ultimo maestro, quello che risiede in lui.