Siamo come un’amaca sospesa tra gratificazioni e frustrazioni. Un soffio di vento ci spinge da una parte, uno più forte ci spinge dall’altra e spesso ci sentiamo in balia degli eventi, completamente privi di ogni controllo. Questo perché, sovente, cerchiamo di controllare gli eventi esterni, mentre l’unico controllo che possiamo esercitare è sui nostri pensieri. Da che parte stiamo? Qual è la cosa giusta? Dove trovare l’equilibrio? Amiamo una cosa ed il suo opposto, siamo il frutto di mille contraddizioni. La contraddizione, d’altro canto, è la legge dell’evoluzione e del movimento, di conseguenza, se non ci fosse, non ci sarebbe alcun progresso. Preoccuparcene non è l’atteggiamento migliore, molto meglio cercare di conoscere le nostre potenzialità per poterle accettare. L’equanimità non si raggiunge grazie agli oggetti esteriori, poiché questi non conferiscono pace duratura ed equilibrio mentale. Samatvam, ossia l’equanimità, è uno stato mentale interiore. Cosa ci suggeriscono le Filosofie Orientali quando siamo afflitti dalla collera o dagli attaccamenti? Come operare sui veleni mentali nella nostra vita di tutti i giorni? Esiste una tecnica, chiamata pratipaksha bhavana, che possiamo tradurre con “contropensiero”. Essa consiste nel sostituire un pensiero con il suo opposto, di modo da poter neutralizzare il pensiero iniziale, agendo da vero e proprio antidoto al veleno mentale. Quando siamo nervosi e irritabili, per esempio, meditiamo sulle virtù della tolleranza e della padronanza di sé. Meditiamo sulla pazienza, sulla pace. Non dobbiamo concentrarci sullo sfogare o reprimere la collera, bensì sull’abbreviarne la durata rivolgendo la mente ad azioni che sviluppano la qualità opposta: ballare, cantare, correre, o qualsiasi azione per noi piacevole. Spesso abbiamo con l’ira una vera e propria relazione conflittuale, ce ne affezioniamo e riviviamo continuamente dentro di noi quello che l’ha provocata, sovraccaricando la mente di lavoro indirizzato unicamente alla ricerca di risposte pungenti o vendette di qualsiasi tipo. Quando tra la collera e la reazione riusciremo avere un secondo di consapevolezza avremo iniziato il nostro cammino verso l’equanimità. Non si tratta di non arrabbiarsi, bensì di vivere la rabbia quando è il momento di viverla e poi passare al momento successivo, evitando di indossarla anche quando siamo in famiglia o con gli amici. Pensiamo al respiro: se non immettiamo aria, non possiamo vivere. Ma l’aria non ci appartiene, per cui la dobbiamo restituire, lasciar andare. C’è un momento per prendere, immagazzinare, e un momento per restituire.
surya