Né troppo, né troppo poco. L’equilibrio è possibile? Innanzitutto, che cosa intendiamo per equilibrio? Il termine deriva dal latino aequilibrium, comp. di aequus «uguale» e libra, «bilancia, e viene decritto come uno stato di quiete di un corpo. E’ uno stato in cui ogni cosa trova la giusta collocazione: la Terra si conserva perché ha un suo equilibrio, l’uomo sopravvive perché ha un suo equilibrio. Lo stato di quiete non è però una condizione di staticità. L’armonia accade quando si vivono in giusta misura gli opposti, ossia quando si prende un po’ dell’una e un po’ dell’altra cosa senza mai eccedere. Per intenderci, l’equilibrio non potrebbe esistere se non ci fosse anche la tristezza accanto alla gioia. Esso è uno stato che scorre fra i due estremi. Per esempio, l’occhio e l’orecchio dell’uomo percepiscono solo alcuni tipi di propagazioni luminose e lunghezze d’onda sonore e noi riusciamo a percepire tutto ciò che c’è al centro dei due estremi fisici conosciuti. Il concetto di armonia è molto presente nelle filosofie orientali e la sua rappresentazione più conosciuta è quella cinese dello Yin e dello Yang. Ma anche in Occidente è presente e si esprime attraverso una visione tipicamente greca della realtà, con il significato di legge, ordine. Ma anche di connessione. In pratica, la realtà è “consenso delle parti”. L’armonia degli opposti produce ordine: da qui il termine greco “cosmo”, ovvero ciò che è ordinato, razionale, armonico. Ciò che è opposizione, diceva Eraclito, si concilia e dalle cose differenti nasce l’armonia più bella. Tutto si genera per via di contrasto.” L’equilibrio, dunque, è imparare a muoversi tra luce e buio
surya