Jung, allievo di Freud e fondatore delle Psicologia Analitica, dimostrò il suo interesse per lo Yoga fin dai primi decenni del ‘900. Fu proprio da questa antica disciplina che egli trasse spunto per molti concetti diventati di grande importanza per la psicologia moderna come, per esempio, la complementarietà del maschile e femminile o lo studio del prana. Lo Yoga, attraverso pratiche di concentrazione e rilassamento, induce uno stato profondo in cui la consapevolezza corporea aiuta a far emergere la consapevolezza mentale. Jung sosteneva , nei suoi studi, che la pratica meditativa e tutto ciò che non alimenta (nei fatti) i nostri bisogni, sostiene il vero cambiamento. Per lui lo yoga è un’espressione della psicologia dell’inconscio. Il suo pensiero è che lo studio della psiche deve basarsi su una visione olistica in cui la razionalità e il controllo, più tipicamente occidentali, possano fondersi in modo armonioso con concetti come interiorizzazione e intuito, più affini alla cultura orientale. Jung, insieme a Pauli, introdusse il principio della sincronicità, teoria che si avvicina molto al concetto yogico dell’individuo, che interagisce in maniera integrata tra psiche e soma. “Lo yoga è la più antica indagine che l’uomo abbia mai svolto sul corpo e sulla mente”, dice Jung, poiché considera microcosmo e macrocosmo come espressione di un’unica entità. “Ciò che conta è esistere, diceva, ed è più raro di quello che si creda. Avere un compito quotidiano e svolgerlo bene; e nello stesso tempo prestare attenzione a ciò che avviene dentro di noi, oltre che all’esterno, essere coscienti della vita in tutte le sue forme, in tutte le sue espressioni. Seguire le grandi regole, ma anche dare libero corso agli aspetti meno conosciuti del nostro essere”. Ci sono troppe persone che non sono ancora nate, appaiono solo illusoriamente come forme in questo mondo ma, in realtà, sono ancora nell’utero. Sono sospese e vivono una vita in standby, una vita provvisoria, condizionata a tutti gli effetti. Nascere, venire al mondo, è importante per poter realizzare ciò che Aristotele chiamava la propria entelechia, termine usato per designare la realtà che ha raggiunto il pieno grado dello sviluppo. Questo è il senso dello yoga visto da Jung.