Lo yoga online sta scatenando molte reazioni opposte, come tutte le cose nuove che richiedono invece, per loro natura, una grande elasticità mentale. “Io sono a favore” “io sono contro” e la battaglia mentale (perché è solamente lì che si fa tutto questo baccano) va avanti all’infinito. Dove finisce il rapporto maestro-allievo? Dove è sempre stato, mi verrebbe da dire, ma soprattutto penso che il rapporto maestro-allievo avvenga solo nella testa di chi si ritiene maestro. Io mi sento una persona che mette il cuore in ciò che fa e lo condivide con gli altri, quindi il problema non sussiste. Se per raggiungere qualcuno sono abituata ad attraversare una strada a piedi e ad un certo punto la stessa si allaga e l’unico modo che ho per attraversarla è una barca, userò la barca, l’importante è che io raggiunga chi è dall’altra parte e non lo faccia sentire solo. Lo so bene pure io che i contatti umani, fuori dal virtuale, sono molto più gratificanti, però: “qual è la tua priorità? Essere maestro? Studiare a memoria i testi sacri? O aiutare gli altri ed essere presente in qualunque modo? E il rapporto?”
Di certo non sarà un mezzo piuttosto che un altro a crearlo, il rapporto lo creo io con ciò che porto di me, con l’attitudine con la quale mi approccerò a questa esperienza. Io ho moltissimi allievi che mi seguono ANCHE online e che sono felicissimi e se sono riuscita persino a fare commuovere qualcuno vuol dire che il motore sono io, non lo schermo. Io ho scelto di pensare a tutti:
- A coloro che non vogliono sospendere un percorso
- A coloro che sono lontani e non sanno come raggiungermi
- agli anziani che non possono muoversi nemmeno quando la sede è aperta
- A chi non ha un’automobile
- A chi ha anche un semplice raffreddore e non può uscire.
Insomma, non ho studiato e praticato yoga in tutti questi anni per vivere di pregiudizi. Se yoga è unione io questa unione la cerco. L’ho cercata. L’ho creata. Mentre tanti bambini capricciosi, per dirla alla Vivekananda, si azzuffano su un campo immaginario (online si, online no!), io cerco di far si che nessuno si senta solo e che nessuno venga privato del suo percorso. Questione di prospettive. Forse che lo yoga sia qualcosa di separato dalla vita quotidiana? Dobbiamo forse ripetere a pappagallo “tutto è uno” per poi rifiutarci di essere disponibili online con chi ne ha bisogno?
Qualcuno dice: ”Yoga online no perché non c’è il contatto umano!” salvo poi passare il tempo in chat, in whatsapp e in messenger pur di elemosinare attenzioni. Quando il dito indica la luna lo stolto guarda il dito e non la luna, recita un antico proverbio orientale. Non è questione di sì o no all’online quanto invece di sì o no all’essere più o meno felicemente disponibili con qualunque mezzo ci venga messo a disposizione.
C’è Yoga, che significa unione.
C’è Viyoga, che significa separazione.
Quale dei due dovrebbe scegliere chi percorre il sentiero dello yoga?