Tra un respiro e l’altro, la vita si rivela. La respirazione è un atto involontario, avviene senza il nostro intervento consapevole, tuttavia, a differenza di altri movimenti involontari, possiamo modificarlo con il nostro intervento. Noi respiriamo in base alle nostre mutevoli condizioni emotive, alle attività che svolgiamo, ma anche alla nostra postura, al nostro ritmo, alla nostra velocità. Possiamo dire che il respiro si adatta alle nostre condizioni. Se siamo arrabbiati abbiamo una respirazione toracica, se piangiamo, spesso respiriamo a scatti, se tratteniamo le emozioni tendiamo a trattenere anche il respiro. La paura, per esempio, allunga la fase inspiratoria e aumenta l’ampiezza del respiro. Il senso di abbandono e di tranquillità aumentano invece, in maniera spontanea, la fase espiratoria. Possiamo verificarlo con un semplice esercizio durante una sessione di pranayama. Se noi decidiamo di prolungare volontariamente un’espirazione, l’inspirazione che segue sarà più profonda e intensa poiché si sarà verificata, per un attimo, una lieve ipossia. Il respiro, dunque, si è adattato. Il corpo respira con profonda saggezza e ci dona la giusta quantità di ossigeno. Occuparcene, significa occuparsi della nostra salute emotiva e della forma che assume la nostra vita. Ciò che è dentro, è fuori, e viceversa. La pausa spontanea che avviene tra un respiro e l’altro è il momento sacro e prezioso in cui la nostra vera natura si manifesta, anche se sono attimi impercettibili. Ecco perché nel pranayama viene data importanza a queste due fasi che avvengono sia al termine dell’inspirazione che al termine dell’espirazione. E’ la pausa tra un ‘illusione e l’altra, ci dà l’opportunità di scendere da quell’altalena che oscilla in continuazione mostrandoci un mondo mai uguale a se stesso.
surya