….”…La pratica del ricominciare da capo ebbe origine in India, in epoca vedica, circa 5.000 anni prima di Cristo. Venne ritualizzata nella cerimonia di Pavarana, che si tiene ogni anno in ottobre, al termine della stagione delle piogge. Pavarana significa invito. La pratica dà a una comunità, a una famiglia o a una coppia, un’occasione per ritrovarsi e comunicarsi le esperienze in un contesto di consapevolezza e reciproco sostegno. Si mette in atto con profonda attenzione a ciò che si dice e si ascolta. Lo scopo è di promuovere la condivisione a cuore aperto dei sentimenti per superare le difficoltà che insorgono tra le persone e, inoltre, ristabilire l’armonia nelle famiglie e/o nelle comunità ed esprimere o rivelare in modo salutare i propri dispiaceri, le ferite o i torti subiti, in modo che si possa davvero ricominciare da capo.
Si comincia riconoscendo le qualità positive dei presenti, annaffiando i loro fiori. Non è adulazione, ma incoraggiamento delle cose meravigliose che vediamo gli uni negli altri. Quindi si esprime dispiacere per le mancanze commesse. È una buona opportunità per rimuovere i dispiaceri causati dalla propria sventatezza. Si possono anche invitare gli altri a commentare le proprie mancanze di cui non si è coscienti. Infine si può esprimere il proprio dispiacere e dare parole al proprio dolore causato da altri. Quando una persona parla, nessun altro parla o interrompe, e le viene dato tutto il tempo di cui sente d’aver bisogno. Si ascolta senza aspettare di rispondere. Si ascolta con profonda attenzione, in modo che la sofferenza di chi parla possa essere trasformata dall’ascolto. Non si accusa e non ci si sente accusati. Se vengono proferite recriminazioni non si cerca di replicare né di difendersi negando. Si ascolta, con attenzione, a cuore aperto. Infatti non è di risposte che abbiamo bisogno, ma di ascolto profondo…”…
Si comincia riconoscendo le qualità positive dei presenti, annaffiando i loro fiori. Non è adulazione, ma incoraggiamento delle cose meravigliose che vediamo gli uni negli altri. Quindi si esprime dispiacere per le mancanze commesse. È una buona opportunità per rimuovere i dispiaceri causati dalla propria sventatezza. Si possono anche invitare gli altri a commentare le proprie mancanze di cui non si è coscienti. Infine si può esprimere il proprio dispiacere e dare parole al proprio dolore causato da altri. Quando una persona parla, nessun altro parla o interrompe, e le viene dato tutto il tempo di cui sente d’aver bisogno. Si ascolta senza aspettare di rispondere. Si ascolta con profonda attenzione, in modo che la sofferenza di chi parla possa essere trasformata dall’ascolto. Non si accusa e non ci si sente accusati. Se vengono proferite recriminazioni non si cerca di replicare né di difendersi negando. Si ascolta, con attenzione, a cuore aperto. Infatti non è di risposte che abbiamo bisogno, ma di ascolto profondo…”…