Parlare di cervello maschile e femminile e delle loro relative differenze significa, innanzitutto, superare preconcetti sviluppatisi in secoli di osservazioni e per la maggioranza non suffragati da basi scientifiche. Iniziamo quindi col dire che Le strutture chimico-cerebrali del maschio hanno caratteristiche differenti da quelle della femmina. Quindi, pur parlando la stessa lingua, molto spesso non ci capiamo. Le differenze coinvolgono la genetica, gli ormoni, i comportamenti, non implicano nessun concetto di superiorità o inferiorità, ma sono il risultato del fatto che, nel corso dei millenni, uomini e donne hanno svolto compiti differenti e ciò ha determinato uno sviluppo cerebrale diverso l’uno dall’altro e, come conseguenza, comportamenti diversi.
La donna, per esempio, è sempre stata vincolata dalla natura, perché la donna genera. Gli uomini, esonerati da questo compito, hanno inventato la storia. Hanno quindi cominciato con la caccia, poi hanno creato i miti, la guerra, hanno iniziato a giocare con la politica e così via. La storia l’hanno fatta gli uomini perché erano liberi dal vincolo della natura, mentre la donna è sempre stata sottomessa per necessità naturale. Se ci addentriamo nella filosofia di Aristotele vediamo che la donna fornisce la materia, mentre l’uomo dà la forma. Anche nella religione cristiana troviamo questo concetto: la donna fornisce la materia ma il figlio somiglia al padre (io e il padre siamo uno). Questa cultura ha determinato tutto il corso della storia e ha determinato, nello stesso tempo, una grande perdita, perché la donna ha un tipo di pensiero molto variegato rispetto all’uomo. L’uomo ha il pensiero logico-matematico, la donna ha anche quello intuitivo e sentimentale che è molto importante, perché il sentimento è anche una facoltà cognitiva. Se una mamma ha in braccio un bambino e il bambino piange, lei sa perché, ma se arriva una terza persona non lo sa.
La donna si è poi emancipata con l’arrivo della pillola anticoncezionale: da quel momento in poi la maternità non era più un destino ma una scelta. Liberata da questo vincolo ha espresso la sua sessualità latente e ciò ha messo in crisi la componente maschile, perché il maschio ha sempre pensato di essere il cacciatore e la donna la preda. Le donne invece sono riuscite a fare i giudici, gli avvocati, persino i sodati, ruoli fino a quel momento maschili. Il problema è che una volta raggiunta questa autonomia hanno voluto imitare il modello maschile. Nella fase di passaggio questo era inevitabile, perché per essere accettate dovevano essere più feroci dell’uomo. Anche nel nazismo le cose più tremende sono accadute quando a capo c’erano le donne e non gli uomini, e questo è ben documentato dalla saggistica sul nazismo. La donna in questo passaggio ha perso i suoi connotati femminili pensando di fare maggiore carriera, ma di fatto ella migliora la sua condizione se mette in atto dimensioni femminili quali la commozione, la cura, l’accudimento, l’ascolto, qualità che le permettono di captare il buon andamento o meno di un gruppo. L’uomo, a sua volta, dovrebbe sviluppare un rapporto con la sua parte femminile. La creatività è femminile. I poeti, gli artisti in generale, devono uscir fuori dall’ambito razionale, perché se rimangono fermi in quella dimensione non ne esce nulla. La ragione è un sistema di regole per intenderci ma non è un luogo di generazione di idee. Ognuno di noi ha una controparte sessuale interiorizzata. Gli uomini hanno l’Anima, le donne l’Animus. L’anima e l’animus sono descritti nella scuola di psicologia analitica di Carl Gustav Jung come parte della sua teoria dell’inconscio collettivo. Jung descrisse l’animus come il lato maschile inconscio di una donna, e l’anima come l’inconscio lato femminile di un uomo.
Tratto dal corso “I Segreti dell’Altro Sesso”