La mente e lo yoga. Che cosa può voler dire? Quale significato ha? Forse ho scelto un titolo troppo impegnativo ma è quello che più mi affascina e quello che forse mi ha spinta ad avvicinarmi alla pratica dello Yoga.
Spesso mi soffermo a pensare al legame che unisce la mente e lo Yoga al loro significato e qualche volta per un attimo mi sembra tutto chiaro, ma l’attimo presto scompare e ritornano i dubbi, le fragilità e la voglia di recuperare quanto per un istante era stato conquistato.
Qual’è il legame così importante che c’è tra la mente e lo yoga?
Ho cercato alcune definizioni di “mente” e di “yoga” per riuscire ad inquadrare meglio l’argomento, che ripeto essere troppo ambizioso, ma userò queste poche pagine più come una personale ricerca e chiarimento che come pretesa di arrivare ad un verità assoluta o di fornire una risposta a qualcuno.
Se ci soffermiamo sulla prima definizione della lista di Google (fonte inenarrabile di informazioni più o meno corrette) non possiamo che imbatterci in quella di Wikipedia:
“Il termine mente è comunemente utilizzato per descrivere l’insieme delle funzioni superiori del cervello e, in particolare, quelle di cui si può avere soggettivamente coscienza in diverso grado, quali la sensazione, il pensiero, l’intuizione, la ragione, la memoria, la volontà.
Sebbene molte specie animali condividano con l’uomo alcune di queste facoltà, il termine è di solito impiegato a proposito degli esseri umani. Molte di queste facoltà, rintracciabili a livello neurofisiologico nell’attività della corteccia cerebrale, danno forma nel complesso all’intelligenza. Il termine psiche fa riferimento invece alla mente nel suo complesso cioè comprendendo la dimensione irrazionale cioè istinti e dimensione del profondo (inconscio).
All’utilizzo in senso tecnico neurofisiologico si è anche affiancato un utilizzo di tipo metafisico. In tale prospettiva la mente diventa qualche cosa di divino, e tale presunta entità soprannaturale, come ad esempio nell’espressione “la mente di Dio”, assume qualità pensanti che alludono a un mente superiore com’era il Dio di Spinoza.”
Interessante anche l’intervento di Edoardo Boncinelli, un genetista italiano, durante la Conferenza Mondiale The Future of Science 2011.
Che cos’è la mente? Una domanda affascinante alla quale è sempre stato difficile dare una risposta. Per le conoscenze che abbiamo allo stato attuale, la mente viene definita come l’insieme delle attività cerebrali superiori. Ma come siamo arrivati a dare tale definizione? Il percorso è stato lungo e tortuoso. La molteplicità degli approcci infatti ha reso difficile un’esposizione ordinata di tutto quello che sappiamo sul cervello.
In passato, per acquisire nuove conoscenze nel campo della mente, si dovevano osservare gli esiti nefasti di incidenti. A seconda della zona danneggiata, e quindi della funzione persa, si poteva tracciare una sorta di mappa virtuale delle funzioni cognitive associate a precise aree del cervello. Un metodo sicuramente efficace ma molto lento. Fortunatamente oggi a darci una mano è intervenuta la tecnologia.
Utilizzando alcune tecniche di neuroimaging, utili a visualizzare l’afflusso di sangue nei diversi distretti cerebrali, è ora possibile osservare quale parte del cervello di una persona sana è in attività mentre esegue un particolare compito. Attraverso questo semplice approccio è stato possibile quindi individuare l’ area deputata al linguaggio, al riconoscimento delle forme, all’ esitazione e così via.
Ciononostante, sono ancora moltissime le cose che vorremmo sapere ma ignoriamo. Di conseguenza, sulla base di quanto è avvenuto in questi ultimi decenni, possiamo soltanto scommettere che le nostre conoscenze aumenteranno ancora.
Ad oggi siamo riusciti a mappare in maniera finissima il cervello. Abbiamo così ottenuto una mappa molto articolata delle varie funzioni mentali e più in generale psichiche che non ha uguali nella storia. Una mappa però che non a tutti piace. Secondo i critici localizzare un’area non significa spiegare come funzioni.
Vero, verissimo. Però, a mio parere, anche se localizzare non vuol dire spiegare, non riuscire a localizzare può significare anche che si sta dando la caccia a qualcosa che non c’è. Per questa ragione credo che localizzare sia il primo passo per arrivare alla meta finale del comprendere. La scienza è piena di questi esempi. Penso ad esempio alla fisica: in passato, spiegare il moto dei corpi senza il contributo dell’attrito, ha permesso lo sviluppo di un primo abbozzo di teoria del moto che oggi contempla la presenza di questo componente.
L’era della localizzazione sta per finire. L’unico modo ora che abbiamo per arrivare a spiegare è quello di ripensare tutto quello che riguarda cervello, mente e psiche. Proprio per sfrondare l’ idea stessa della mente dalle sovrastrutture intellettuali precipitate nei secoli è opportuno fare piazza pulita e studiare tutto dalle fondamenta, come se non avessimo mai saputo niente.”
Se facciamo la stessa ricerca con la parola Yoga troveremo un infinità di definizioni che cercano di coglierne l’essenza, alcuni lo intendono come una pratica fisica, alcuni lo definiscono come uno stile di vita, altri come tecniche di respirazione o di meditazione ma se vogliamo coglierne un aspetto più ampio possiamo dire che lo Yoga è una via di realizzazione spirituale che si fonda su una propria filosofia, è un percorso che diviene via via sempre più totalizzante, non un qualcosa al quale ci si può riferire con espressioni come “vado a fare un po’ di yoga” se l’intento è quello di abbracciarlo come filosofia di vita o comunque strumento per sentirsi bene ed evolvere di giorno in giorno nella ricerca del proprio miglior se…
Per chi non si è ancora avvicinato allo Yoga può essere difficile coglierne l’essenza ma sicuramente anche solo leggere le varie definizioni dovrebbe incuriosire chi si imbatte in esse.
Ed eccomi ancora a ricercare quell’attimo di lucidità, equilibrio e amore incondizionato verso me stessa e verso il tutto per riuscire a trattenerlo per qualche istante ancora, farlo mio e poterne godere immensamente e forse riuscirlo a trasmettere anche alle persone che mi circondano per poterne gioire insieme, non sarà che mi trasformerò da piccolo pesce a uomo? Sarebbe forse troppo.
La definizione di Yoga Integrale è quella di conseguimento dell’unione armonica fra corpo, mente e spirito con l’obiettivo di raggiungere la pace con se stessi e con il mondo che ci circonda. Lo Yoga è il Cammino interiore che la mente compie per raggiungere il Cuore.
Gli strumenti che facilitano il tuo cammino interiore verso la pace sono diversi e comprendono le posizioni fisiche (àsana) che fanno parte del Raja-Yoga, la via Regale dello Yoga che insieme ad altre tre Vie rappresentano i principali tipi di Yoga. Tutte e quattro le vie sono quindi legate alle attitudini mentali a cui siamo più affini che secondo le filosofie orientali sono quattro proprio come le principali vie.
La radice della parola Yoga deriva dalla radice sanscrita “YUG” che significa Unire, Legare,Concentrare l’Attenzione. Significa anche unione o comunione, ed è la vera unione della nostra volontà con quella di Dio. Significa anche unione in perfetto equilibrio di tutte le componenti del nostro essere: corpo, mente, spirito. «Essa perciò significa» dice Mahadev Desai nella sua introduzione alla “Gita according to Gandhi”, «il soggiogamento di tutti i poteri del corpo, della mente e dell’anima a Dio; significa inoltre disciplinare l’intelletto, la mente, le emozioni, la volontà, condizioni presupposte dallo Yoga; significa equilibrio dell’anima che rende capaci di guardare alla vita con equanimità in tutti i suoi aspetti».
La parola Yoga fu usata in India fin dall’epoca vedica nel senso proprio di “controllo della mente e dei sensi”, come esposto nelle Upanisad (sthiram indriya-dharanam).
Il Kathopanisad descrive lo Yoga nel modo seguente: «Quando i sensi si sono calmati, quando la mente riposa, quando l’intelletto non tentenna, allora, dice il saggio, il più alto stadio è raggiunto. Questo costante controllo dei sensi e della mente è stato definito Yoga. Chi raggiunge tale controllo è libero dalla delusione.
Cosi la parola Yoga racchiude l’aspirazione umana diretta al raggiungimento della pace interiore e della felicità. Come dice Gérard Blitz: “Quando la mente è in pace lo stato di Yoga si produce”.».
Per questo lo scopo di ogni yoga è quello di raggiungere la pace mentale lo Yogachittavrittinirodah (Nello Yoga Sutra Drishti -l’attenzione nello sguardo- è lo spettatore che si stabilirà nella propria vera natura solo quando lo Yoga avrà inibito/soppresso (nirodah) le fluttuazioni (vritti) della mente (citta).
Di fronte a vittorie e sconfitte noi rimaniamo in equilibrio grazie alla sospensione delle modificazioni della mente.
Di seguito la correlazione tra le attitudini mentali legate alle 4 Principali Vie Dello Yoga:
Attitudini mentali: Vie dello Yoga
Menti Devozionali: Bhakti Yoga – la Via dell’Amore e della Devozione
Si percorre la strada che conduce a Dio per mezzo di pratiche yogiche devozionali. E’ il Sublime Percorso che conduce all’annullamento del proprio piccolo “io”, stando attenti che non diventi il sentiero peccaminoso dell’ingigantimento del proprio ego. (1° Il primo rischio è quello di credere che il mio Dio è il migliore; 2°il secondo rischio è quello del credente d’assalto che combatte chi la pensa differentemente. Il termine Bhakti nasce dalla radice sanscrita “bhaj”, adorare, amare, servire, donare, dedicare. Il Bhakti Yoga rappresenta, quindi, una via per entrare in contatto con la nostra natura divina. Colui che si dedica ad una vita di devozione, amore e consapevolezza, ottiene l’intensa e profonda scoperta del sé individuale, parte integrante del Sé Supremo. Praticare il Bhakti Yoga con disciplina, rigore e serietà è la via sovrana per entrare in congiunzione con Dio e raggiungere la consapevolezza della nostra essenza spirituale.
Menti Razionali Scientifiche: Jnana Yoga – la Via della Conoscenza
Colui che pensa costantemente a Dio mentre compie qualunque tipo di lavoro, la sua mente non è sul lavoro ma riposa in Dio. secondo questa via, la liberazione (Moksha) e l’unione con Dio si possono acquisire per mezzo della conoscenza di Brahman – il tutto, Dio, riconoscendo il Brahman come il proprio Sé. La causa di tutta la sofferenza e degli attaccamenti è l’ignoranza (Avidya); essa agisce come un velo (Maya) o uno schermo, che impedisce di percepire la propria natura reale e divina. Nella sua piccolezza ed ignoranza, l’anima individuale stupidamente si convince di essere separata e diversa da quella Universale, Dio. La conoscenza di Brahman (detta Brahma Jnana) rimuove questo velo permettendo alla persona di ristabilirsi nella sua propria natura essenziale: Sat-Chit-Anand (Esistenza, Conoscenza, Beatitudine).
Menti Dinamiche e Attive: Karma Yoga – la Via dell’Azione e del Servizio
Il Karma Yogi sa bene che il karma non è altro che un accumulo di impressioni mentali dovute ai cinque organi di senso. Se le impressioni sono buone la nostra mente sarà linda al contrario sarà negativo se avremo impresso nella nostra mente pensieri derivanti da un errato modo di interpretare la vita.
Siate leali e coraggiosi, perché non c’è punizione più grande se non quella della paura che voi infliggete a voi stessi tutte le volte che mentite! Chi è coraggioso è sano e forte, e non teme di dover pagare le conseguenze dei propri errori.”
Modificando il modo di parlare possiamo ottenere una trasformazione nella mente e viceversa,sia in negativo che in positivo.
Il primo dovere del Karma Yogi è verso se stesso, nel senso che deve cercare di creare un equilibrio armonico, tutti i giorni, nelle sue componenti psicofisiche, spirituali ed economiche. E’ anche la Pratica del servizio all’Umanità, un metodo atto ad annullare il proprio piccolo io individuale in favore del Mondo, fosse anche solo del nostro piccolo mondo chiamato nucleo familiare. Aiutando il mondo aiutiamo noi stessi (l’Universo è il Corpo di Dio) e aiutando coloro che soffrono ci permette di sdrammatizzare i nostri problemi. Ricorda il più grande esempio di Karma Yogi = l’Albero.
Nello Yoga dell’Azione la radice sanscrita «kr» significa «agire», «compiere». Si tratta del sentiero che utilizza «l’agire» come strumento per raggiungere l’obiettivo finale dell’auto-realizzazione. È uno dei sentieri più antichi, trovando la sua radice proprio nella Bhagavadgîtâ che ad esso dedica i primi sei capitoli, in particolare il terzo. Sono quattro le caratteristiche principali che deve avere l’azione nel Karma Yoga:
⦁ L’attitudine all’azione deve essere pura e distaccata
⦁ Il karma Yogi deve compiere l’azione senza avere l’idea di esserne l’artefice
⦁ L’azione deve essere disinteressata
⦁ L’azione deve essere compiuta in uno stato di totale presenza e consapevolezza, sviluppando lo stato di dhâranâ (concentrazione).
Menti predisposte alla Filosofia: Raja Yoga – la via della meditazione “Yogachittavrittinirodah”
Lo Yoga è assenza di reazioni impulsive della mente, nel percorso del Raya Yoga c’è la ricerca dello stato di annullamento delle modificazioni ansiose del pensiero, cioè l’acquietamento di un ego recalcitrante, troppo incline ai veleni mentali quali possono essere la permalosità, ottusità, prepotenza, la gelosia, l’invidia, il pettegolezzo e tutti quelle fluttuazioni mentali che creano discordia in se stessi e in chi ci vive vicino.Quando io penso divento ciò che penso perdendo la cognizione reale del mio essere e del mio esistere. Ogni avvenimento può generare tre reazioni:
Attrazione= mi piace – – Repulsione= non mi piace – – Indifferenza= mi è indifferente
Nell’intervallo tra un pensiero e l’altro ci sono io, in quel vuoto c’è il vero Sé Originale dal quale ogni cosa proviene e si manifesta. La mia mente ha la forma di ciò che pensa, pertanto tutte le tecniche meditative hanno come scopo finale il conseguimenti dell’annullamento del pensiero. Ogni veleno mentale è violenza. Ogni reazione negativa interiore ed esteriore è violenza.Le tecniche meditative ci aiutano a capire la nostra organizzazione mentale. Il Raja Yoga “Reale” ci guida verso la conoscenza del tutto attraverso la comprensione dell’organizzazione della nostra mente, degli schemi mentali (samskara) che si rinnovano continuamente e di come sia possibile liberarsi da tutto questo. Il percorso tracciato da Patanjali negli Yoga Sutra (uno dei libri fondamentali dello Yoga moderno) viene suddiviso in otto stadi, le cosiddette “membra dello yoga” (astanga):
Yama: in sanscrito questo termine significa “astensioni” e sono dei comandamenti morali che hanno lo scopo di migliorare la vita di uno yogi nella società e verso gli altri. Le astensioni sono:
Ahimsa= La Non Violenza
= La Verità
= Non rubare
= Astinenza
= Non Avidità
Niyama : questi invece sono molto più intimi e personali rispetto agli Yama. In sanscrito questo termine significa “osservanze” e sono una serie di regole che hanno lo scopo di migliorare sé stessi, e sono:
Saucha = Pulizia
Santosha = Modestia – “capacità diaccontentarsi”
Tapas = Autodisciplina
Svadhyaya = Studio di Se Stessi “autoanalisi profonda”
Ishvara Pranidhana = Abbandono alla Volontà Divina e alle leggi dell’Universo con Fiducia
Asana è comunemente tradotto come posizione statica, comoda, mantenuta per lungo tempo, con serenità. Se eseguiamo alla perfezione i primi due passi di Patanjali, il successo nei successivi sei è garantito.
Pranayama – dopo aver conquistato una posizione ferma e comoda cerco il controllo ed espansione di prana, energia vitale. Con questo termine si intendono tutte le tecniche di respirazione.
Pratyahara: in sanscrito significa “ritiro dai sensi”, ed indica quello stato nel quale si inizia ad andare all’interno, in tutto ciò che non è visibile, lasciando gli attaccamenti prodotti dai sensi e si iniziano a muovere i primi passi verso la capacità di dirigere la mente a nostro piacimento.
Dharana: questo stadio consiste nella concentrazione, cioè si dirige la mente verso un’area limitata, un singolo punto che diventa l’oggetto della contemplazione. Dhar significa tenere saldo, fermo fissare senza essere deviati cercando di accedere alla conquista di un piccolo bagliore di illuminazione seppur per breve tempo. Ogni volta che la mente fugge la riportiamo sul destinatario della nostra concentrazione cercando di annullare le sovrapposizioni mentali e cercando di stabilizzarla.
Dhyana: significa meditazione, ossia nella capacità di andare oltre la mente, in assenza di fluttuazioni, che si ottiene mantenendo la concentrazione su un oggetto senza sforzo e che dona grande calma e profonda gioia. Non c’è più sforzo e si raggiunge in totale spontaneità, una profonda e Integrale immersione dentor a se stessi. Non ci sono pensieri che turbano la mente e l’attività del pensiero è quasi spenta assorta nella quiete meditativa.
Samadhi significa “assorbimento, unione totale, congiunzione, concentrazione totale dello spirito, completo” e consiste in uno stato di totale assorbimento in cui lo yogi diventa tutt’uno con l’oggetto della meditazione, in cui, superando lo stato di separazione tra l’ego e il Sé, si sperimenta la propria natura divina e si conosce la verità suprema.
E allora che ognuno di noi riesca a trovare quell’attimo di sospensione di giudizio, emozioni per poter galleggiare sospesi e sereni su un mare calmo e tranquillo. Che ognuno di noi possa ascoltare il suono delle onde che si infrangono sulla battigia e sentire il caldo dei raggi del sole sulla pelle. E che ognuno di noi riesca a recuperare queste sensazioni anche nella frenesia della vita che ci circonda attraverso quelle che sono le sue più naturali attitudini mentali per ricordarci di amarci incondizionatamente come la singola onda che si infrange nel mare, come l’uno del tutto superando l’unica grande paura che abbiamo e che non ci permette di tendere all’infinito.
Francesca